
Mi sveglio alle 7, per la gioia di tutti. Volevano dormire di più, ma non ero d’accordo. Voglio buttarmi nella nuova città.
Faccio una prima colazione in appartamento, a base di acqua e uva, e una seconda al bar a base di pain au chocolat e latte. Elegante.
Girovaghiamo per le vie molto lunghe, molto strette e molto ripide di Genova, per un bel po’.
Dov’è la felicità, in questa città? Mi viene la malinconia tipica del marinaio, ho voglia di cantare al mare.
Ad un certo punto arriva la zia con la cugina, proprio non so da dove, visto che non so nemmeno io in quale dove io sia.
Finiamo dentro un posto pieno di pesci, stanze buie, scale, scale, stanze buie e pesci. Praticamente il retro bottega di una pescheria. Ho fame.
Passo diversi minuti a cercare di soccorrere una tartaruga caduta sul guscio che non è capace di girarsi, ma il vetro mi impedisce di metterci una pezza. Desisto.
Mi distraggo allora con un tizio che, vestito di tutto punto, come se dovesse andare nella fossa delle Marianne, si prodiga a lavare, con una spugnetta da secchiaio, il vetro della vasca dei pesci tropicali. Mi chiedo perché non l’abbia visto lavare i vetri della vasca dei piranha o degli squali. Cuor di leone.
Senza infierire, passo i restanti minuti della visita a percorrere la scala dell’uscita di emergenza, a salire e a scendere. Uno spasso davvero notevole.
Dopo pranzo svengo velocemente. Mi risveglio che ho perso mezza truppa, sono solo con la Santissima e credo di aver riposato poco.
Prima mi mangio un gelato e poi mi portano in tre parchini in sequenza, con scivoli e compagnia bella. Una goduria, finché non vedo la giostra che gira in tondo con i cavalli. Faccio il panico per prolungare i due giri pattuiti con la Santissima, contando sulla collaborazione del mio fratellone, ma non ci riesco. Comunque mi diverto, anche se sembro senza speranza.
Passiamo la sera fra le strade molto lunghe, strette e ripide della città e a mangiare pasta al sugo verde (buonissima), tra una pallina rimbalzina e l’altra, rubata da una macchinetta mangia soldi, come dice il Vecchio.
Che sia latte o che sia uovo, non ridevo insieme a Frenci così tanto da un bel po’. Il mio fratellone è uno spasso.
Siamo diventati uomini diversi.
Non sarà mica Genova?