
E infatti partiamo. Raccogliamo tutte le nostre cose, sopratutto il cane azzurro, l’escavatore, il trattore verde e il Timion e il Matu carica la macchina.
Salutiamo la casa del mare, il mare e un gabbiano che si siede sempre di fronte alla nostra finestra.
Ci fermiamo prima a fare colazione, poi a fare colazione, ancora, e infine a pranzare.
Questa è interessante: pranziamo per strada, vicino ad un piccolo negozio che fa panini, proprio in strada, in mezzo al nulla. Ci sono more e lamponi e infatti il Matu si sporca subito i pantaloni puliti messi stamattina. Poi dicono di me. L’hot dog con il ketchup spacca.
La strada prosegue per i monti, ma poi mi addormento.
Mi sveglio in un posto nuovo, stanno scaricando la macchina. Dice il Matu che qui si fa il vino buono e che c’è uva dappertutto. Che sia latte o che sia uovo, vicino alla nostra nuova casa ci sono un altalena, uno scivolo, i salti elastici, un calcino, un ping pong, un sali e scendi e un cavallo grandezza naturale da scalare. Credo sia questo il paradiso.
Ma il bello è dietro la casa. Piscina grande, piscina piccola, bolle che escono al comando della mia voce e una specie di doccia che fa uscire acqua a velocità prossima a quella del suono, che uso per lavarmi più volte le mani, rischiando la vita (ma ne vale la pena)
Non me ne andrei per nessuna cosa al mondo e indovinate? Mi portano via. I grandi, che siano maledetti.
Dopo essere passati dal supermercato, ceniamo ancora per strada, ma stavolta non passano le macchine. Siamo in un paese un pò triste, e neanche molto grande. Chiedo pasta al pomodoro, mi arriva pasta al pomodoro, ma poi vorrei pasta in bianco. Finisce il mio piatto quel secchiaio del Matu.
Quando riprendiamo il cammino verso la nuova casa mi addormento in macchina, fra una curva e l’altra. Domani, hanno detto, solo giochi, niente più macchina.