
Il risveglio nella nostra tipica casa danese, nel cuore del quartiere residenziale di Odense, è a dir poco rinvigorente. Facciamo colazione in casa con grande calma e poi ci mettiamo a girare la città.
I pargoli sono girati male e la mattina si fa ostica.
Richi prende tutto di petto, del tipo che appena gli fai notare che è uscito il sole e probabilmente avrà caldo, ti tira due urli per dirti che non c’è caldo e ha ragione lui, prima di togliersi il maglione perché ha caldo.
Frenci tende all’indolenza alternata: ha un gran male alle gambe mentre cammina o va in monopattino per quindici minuti, ma appena vede un pedalò vuole fare da motorista e timoniere per ore. Al parco giochi ritrova poi la funzionalità anche di braccia e mani.
Ma li capisco, sono stato piccolo anche io e loro stanno facendo cose che io ho fatto in età più avanzata. Sono ottimi compagni di viaggio, di tre e sette anni.
Odense è una città molto carina e funzionale, una tipica città del nord: corsi d’acqua che la corteggiano, parchi giochi e parchi fitness ovunque, casette danesi variopinte ricamate di fiori colorati come in un quadro impressionista, tram con rotaie, ciclisti (tutti con il casco) su piste ciclabili a loro dedicate. Il popolo danese è calmo, rilassato, sorridente e parla sottovoce. Noi italiani, in mezzo a loro, sembriamo dei cabarettisti in mezzo al pubblico.
Visitiamo il centro storico, tutto incentrato sulla figura di Hans Christian Andersen (la sua casa, un percorso che racconta la sua vita a Odense, statue dei personaggi delle sue innumerevoli fiabe). Tuttavia non riusciamo ad approfondire praticamente nulla. Frenci e Richi vogliono andare al parchino con le giostre.
Visitiamo la zona del porto poco prima di pranzo. Pranziamo al mercato Storms Pakhus, un magazzino industriale vicino, recuperato di recente. All’interno si trovano bancarelle di street food e laboratori creativi, oltre ovviamente ad aree giochi per bambini. Mangiamo a fianco di una nave pirata in cui Freni e Richi giocano ai corsari con due bambini francesi e facciamo partite a calcino.
Frenci sceglie la pizza e scopriamo che la bancarella che la offre è di una famiglia di italiani che abita in Danimarca da 25 anni. Da piccoli abitavano a Copparo e i genitori della proprietaria erano di Jolanda di Savoia. Il mondo è davvero piccolo.
Dopo pranzo raggiungiamo il parco di Munke Mose, utilizzato dagli abitanti della città per la vita spontanea all’aperto. Prendiamo dei gelati e un pedalò e ci facciamo un bel giro sull’acqua a spiare i giardini delle ville che si affacciano. Poi facciamo scaricare al parco giochi i due pargoli che vanno a pile Duracell, per salvarci la serata.
Prima di raggiungere casa, io e Ale riusciamo a prenderci una birretta al Carlsens Kvarter, un tipico pub con prodotti di ottima qualità, grazie a delle slot machine che, anche se non attivate, catalizzano l’attenzione dei due piccoli corsari per 15 minuti. Non la beviamo proprio in pieno relax, ma la finiamo tutta.
Andersen non lo abbiamo trovato, ma questa sera, a letto, Frenci e Richi prima di addormentarsi dopo la solita routine (doccia, denti, storia e canzone) si mettono a rileggere i loro libri della buona notte, da soli.
Forse lui ha trovato loro.
DAL DIARIO DI FRENCI

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