
Prendo in prestito il titolo di una vecchia canzone di Elton John, perché oggi è un giorno speciale del nostro viaggio: l’ultima bella tirata per raggiungere la nostra prima meta, l’Olanda. Ma dormiremo in Belgio. Ed Elton per me è sempre stato speciale. Comunque, meglio io vada per ordine. La scrittura creativa non è mai stata il mio forte.
Ci svegliamo verso le 8.00, vista convento medioevale di Turckheim, c’è il sole, suonano le campane e un passante porta a passeggio due cani, o forse il contrario. ” Bonjour”.
Mi sembra di vivere un’altro tempo, mentre carico le valigie nella macchina, parcheggiata nella stradina di ciottolato sotto casa, a doppio senso di marcia, ma larga a mala pena lo spazio necessario per far passare un mezzo, a fianco di case dall’aspetto piratesco, e mi aspetto di incontrare Adso da Melk da un momento all’altro. Un po’ come mi successe nel 2016 a Sobrado, lungo il Camino di Santiago del Norte.
L’atmosfera sacra viene interrotta da turisti in visita alla vecchia cittadina, con cuffie e guida turistica che raccontava in inglese con un microfono le particolarità del luogo.
Prima di partire cerchiamo e troviamo, lungo la strada per Colmar, una boulangerie, gestita da padre e figlia (in realtà. non ne sono certo, ma questa è la mia impressione) molto gentili e simpatici, Parlano ovviamente solo francese, ma non te lo fanno pesare.
La scelta del luogo ha un successo strepitoso. Prendiamo una pasta a testa (principalmente pain au chocolat), altre due paste da dividere, tre cafè au lait, un latte freddo. Avevamo una fame bestiale. Tutto buonissimo. E spendiamo 11 euro. Probabilmente questo locale vincerà il primo premio vacanza.
Vive la France.
Prendiamo la strada verso il Belgio. Per distrarre Frenci e Richi dall’ennesima giornata in macchina, mi invento una scenetta. Orso & Orso, due fac simili di orsi bruni in plastica, prendono vita e dal cruscotto dell’auto sputano sentenze e fanno sketch, parlando una strana via di mezzo fra un dialetto romagnolo e uno emiliano e turlupinando l’intera compagnia dell’anello (Patacca, il papà, Patacchino, il più piccolo della compagnia, Pataccone, il fratello maggiore e Patacuzza, la Ricciola che non la prende bene). Ad ogni modi i pargoli hanno le lacrime agli occhi.
Ci fermiamo a pranzo in un parchino di una cittadina tedesca: pane, formaggio, pomodorini e frutta.
Riprendiamo la strada e passiamo il confine belga intorno alle 16.00. Si nota subito la differenza. Cambia l’architettura, per esempio: le case sono quasi esclusivamente di mattoni, chiari e scuri, niente più travi di legno incastrate negli intonaci e i tetti sono in lastre di pietra nera.
Arriviamo a meta (Dalhem) intorno alle 17. La casa è deliziosa e la proprietaria, Rita, gentilissima. Abbiamo un intero giardino tutto per noi, con tavoli, sedie e poltrone. Il sole, che avevamo lasciato a Colmar, ci raggiunge. Nel frigo troviamo una bottiglia di rosè francese come benvenuto.
Vado a fare la spesa nel paese vicino (Visé). L’atmosfera è piacevole e vivace. Cittadine elegantissime ricche di locali con tavoli sulla strada, presi d’assalto da avventori del luogo, che bevono birra e vino chiacchierando. Penso che ci divertiremo da queste parti.
Preparo uno spago al tonno per tutti e ceniamo con il sole, in giardino, gustando il rosè di benvenuto.
Va bene viaggiare, ma dopo due giorni è sempre bene ricordare le nostre radici.