
Mi sveglio, faccio la doccia e mi attacco al cellulare. Digito il primo numero che mi hanno dato ieri al pronto soccorso dell’ospedale di Ede, in ordine cronologico. Mi risponde una voce femminile, gentile e simpatica. Gli spiego il mio problema in inglese e lei capisce al volo.
Tutto sembra andare liscio, pare ci sia un posto libero domani alle 10.45 per fare una lastra al piede di Frenci ed eventualmente toglierli il gesso. Dice che mi mette in attesa per darmi un appuntamento. Quando ritorna mi dice che Francesco non è inserito nel sistema dell’ospedale e mi passa una collega per farlo inserire. La collega mi passa un’altra collega, che mi passa un’altra collega, che mi passa un’altra collega che mi consiglia di passare per l’ospedale.
Prendiamo la macchina e ci dirigiamo verso Ede, che fortunatamente dista solo pochi minuti dalla nostra dimora olandese. Al punto informazioni ci accoglie una ragazza che, con i documenti in mano, riesce in 5 minuti a fare quello che al telefono non ero riuscito in mezz’ora. Richiamo il reparto e mi confermano l’appuntamento per domani alle 10.45.
È andata! Abbiamo fatto del nostro meglio, adesso non ci resta che attendere il verdetto. Per festeggiare facciamo una abbondante colazione con enormi fette di torta con panna montata in un delizioso locale nel centro di Ede.
Prendiamo la strada per Utrecht. Prima di dirigerci in centro ci fermiamo a noleggiare una sedia a rotelle per Frenci, presso una sanitaria, così da poter vedere un pò la città passeggiando, senza fargliela pesare. Il periodo minimo di noleggio è di una settimana e se siamo fortunati ci servirà solo un giorno, ma costa solo 22 euro per 7 giorni. Adoro questo popolo. Procediamo.
Richi diventa il fedele assistente di Frenci, si dà sempre da fare per spingere la sedia a rotelle e gli sistema il supporto per il piede con il gesso. Frenci dal canto suo vuole spingersi da solo con le mani muovendo le ruote. Di tanto in tanto Richi si siede sopra Frenci e io spingo tutti e due.
Passeggiamo per Utrecht, mi ricorda Amsterdam, in piccolo. I canali, i coffe shop, i ponti, le barche, i tavoli all’aperto, le ciclabili con bici che sfrecciano da ogni dove, le zaffate di erba fumata. Elegante, tranquilla, accogliente, rispettosa e tollerante, ricca di storia, ma vivace e piena di vita, come sanno essere le città olandesi. Leggo che ospita la pista ciclabile più antica d’Olanda, è uno dei centri più bike friendly d’Europa e ha il parcheggio per biciclette più grande del mondo, con 12.500 posti.
C’è il sole, ma le nuvole corrono veloci nel cielo, spinte da un vento freddo e insistente e così metto e tolgo la felpa decine di volte. Al sole ho caldo, all’ombra ho la pelle d’oca. Passiamo una mezz’ora in un piccolo parco giochi per far sgranchire Richi e poi torniamo verso il centro per visitare il giardino interno del campanile più alto dell’Olanda. Richi ascolta un buskers che suona melodie medioevali con la chitarra classica sotto il chiostro, poi gioca a perdersi nel labirinto fra le siepi.
Il vento si alza, fa qualche goccia e sono già le 14 passate: cerchiamo di andare a pranzo. Ci fermiamo in un risto-brunch molto carino. Frenci si è spinto così tanto a braccia che divora un panino con due uova alla Benedict con bacon, compresa l’insalata, cosa mia vista. Gli chiedo se è buono, dice che ha fame. L’ingrediente più importante.
Riprendiamo la strada per il ritorno, il sole è tornato a baciarci. Facciamo una spesa al market sotto casa, prepariamo un piatto di pasta e ce lo gustiamo immersi nella luce del tramonto, che entra con prepotenza dalle enormi finestre nel nostro soggiorno, dopo aver illuminato i tetti della città.
Mettiamo i bimbi a letto prima possibile, domani mattina mi sveglio per tempo per farmi una corsetta lungo i canali di Veenendaal.