La vecchia Amsterdam

La mattina parte con il piede storto, è proprio il caso di dirlo. Frenci lamenta un piccolo ma fastidioso dolore al tallone, probabilmente fisiologico dopo 3 settimane di gesso; credeva di risolvere tutto in una giornata e ci rimane molto male.

Cerco di risollevare il morala della truppa con uno spettacolo frizzante di Orso & Orso e fino al parcheggio P+R nel quartiere di Oost riesco nell’intento, ma poi tutto precipita.

Quando Frenci ha conferma che dovremo prendere una cargo bike, si impunta e non vuole. In ogni caso è complicato trovarla. Mentre il resto della cumpa si sollazza con poffertjes, burro e nutella, io giro un po’ di noleggiatori di bici. Passeggio per il quartiere della fabbrica dell’Heineken è ho numerosi ricordi dell’addio al celibato di Riccio, molte vite fa, e di altre scorribande giovanili per la città. Non è grande e capiti sempre nelle stesse strade.

Finalmente trovo una cargo bike, da un greco e sua moglie che vogliono solo pagamenti in contanti. Va benissimo, purché si possa iniziare a pedalare. E da buon ferrarese non vedo l’ora.

Quando iniziamo a muoverci, Frenci inizia a lamentarsi dal cargo, perché ha paura che ci ribaltiamo e ci spacchiamo la testa, Un continuo lamento, senza interruzione. “Voglio scendere, voglio scendere, voglio scendere”. Perfino Richi chiede gentilmente cosa lo possa spaventare e poi finge di essere in moto. E pensare che a 2 anni e mezzo Frenci è salito su una giostra che faceva paura a me, ha imparato ad andare in bicicletta a 3 anni, a 4 arrampicava in parete e fa skate. Si vede proprio che si fida pochissimo del suo babbo. Oppure ha una giornata storta. Me la metto via, almeno uno dei due figli se la sta spassando allegramente.

Grazie alla selezione di luoghi da vedere della insostituibile Ricciola, la giornata procede comunque alla grande. Finiamo in centro (in sottofondo “voglio scendere, voglio scendere, voglio scendere”) fra le strade sporche e affollate di turisti e ci infiliamo da Proeflokaal de Ooievaar, un piccolissimo e antico pub, già operativo nel 1700, con il muro di ingresso particolarmente pendente, che ancora offre lui suoi avventori da bere, da manager e musica.

Entriamo e faccio un salto nel passato. Ci sono praticamente solo persone anziane, oltre noi; ci guardano. Ci sediamo in formazione mista, un po’ al bancone un po’ al tavolino circolare con sgabelli. Un fisarmonicista suona su basi midi le stesse musiche che suonava su basi midi mio nonno Remo con la chitarra. Rimango sempre piacevolmente stupito dalla capacità della musica di connettere culture e paesi anche lontanissimi fra loro. Alle pareti vecchi quadri e vecchie foto, decine di bottiglie e dietro il piccolissimo bancone la bionda attempata, ma con l’occhio ancora giovane, proprietaria e suo marito.

Prendiamo due Amstel medie e ascoltiamo il concerto. Richi sta addosso al musicista che si preoccupa del suo mixer. Noto sul bancone un porta uova pieno e al suo fianco una saliera. Ne ordine tre e io, Frenci e Richi ce le sbaffiamo. Decido, complice la Ricciola che lancia l’idea e si unisce alla sfida, di annaffiare l’uovo sodo con il jenever, distillato di gineptro olandese, l’antenato del Gin. Tutto si fa più morbido.

Salutiamo tutto il locale e ci infiliamo nel Westerpark, a Ovest della città. A Frenci è passata e gioca con Richi sul cargo. Che dire. Cerchiamo di recuperare qualcosa per pranzo e incontriamo in un ristorante un italiano di Milano a servire. Ci accoglie con simpatia e così prendiamo panino, focaccia e pizza e sono ottimi. Mentre attendiamo il cibo e sorseggiamo Affligem un tizio vestito da fitness in verde, completo di fascia sulla fronte, cuffie e polsini, fa passi di danza lisergica degni di uno stregone in trance sotto effetto di peyote.

Facciamo sgambare i due pargoli in un parchino di giostre, assisto Richi in bagno per il suo puntuale momento di evacuazione e poi riprendiamo la strada che ci porta dal greco e sua moglie per consegnare le biciclette. Poco più di quattro ore sono volate, ma abbiamo pedalato parecchio.

Anche oggi ho fatto fare un giro alla macchina fotografica senza concederle nemmeno uno scatto, inizierà a odiarmi.

Domani l’idea è di tornare ad Amsterdam, ma chissà cosa ci riserverà il risveglio.

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