
Mi faccio l’ultimo, enorme, caffè americano, quando mi ricapita.
Nonostante la TV non sia SMART, Frenci e Richi non si perdono d’animo e guardano interessati Bluey e Miraculous in francese, mentre io e la Ricciola sistemiamo le valigie e carichiamo la macchina. Il Monte Bianco ci aspetta. Salutiamo Marianne e Vaires-sur-Marne.
Ci fermiamo per fare il pieno di GPL più o meno a metà strada, tra Parigi e la Val D’Aosta. In Francia hanno il nostro stesso attacco e non devo impazzire, come mi succedeva in Olanda o in Belgio. Mangiamo in un McDonald e per consolarmi mi faccio anche un pastel de nata, anche se sembra letteralmente fuori luogo. Non ricordo più l’originale portoghese, quindi mi sembra buono.
Ripartiamo e più scendiamo verso sud, più scende anche la temperatura, in una sorta di aspettativa al contrario. Pensavo di andare verso il caldo, ma siamo circondati da “perturba basse” (cit.), pioggia e vento. E quando iniziamo a scalare i tornanti delle montagne, si abbassa ancora di più. Intanto mi ascolto alcune canzoni melanconiche di Alanis Nadine Morissette, un vecchio amore, e poi di Jada Facer, un nuovo amore.
A destinazione, dopo aver macinato più di 500 km attraversando quasi l’intera Francia da Nord a Sud, entriamo a Les Carroz d’Araches e l’auto segna la temperatura esterna di 14 gradi. Metto la felpa.
Non è che volessimo proprio fermarci in questa ridente cittadina in mezzo al nulla cosmico, ma da quando Frenci si è infortunato al piede e abbiamo dovuto rivedere tutti i nostri piani, l’unica prenotazione che non ha accettato di rimborsarci è stata questa, così abbiamo chiesto di poter cambiare data e passarci al ritorno.
Occupiamo al stanza quadrupla e montanara, con letto a castello per i pargoli, e ci fiondiamo in paese per la cena. Al primo pub, in ordine cronologico, proviamo la fonduta di formaggio, l’omelette (il meglio di un uovo, cit.) e un irish coffee, consigliatomi dal cameriere e sorprendentemente (perché ho bevuto a suo tempo il più buono d’Irlanda) decente.
Oggi resto sempre fuori luogo.