Alle 10.20 del 16 Agosto, dopo aver salutato Denise e John, riprendo la strada. Mi ascolto i REM.
Il cielo va dal bianco all’azzurro, passando attraverso diverse tonalità di grigio chiaro. Giornata piatta. Anche la strada non è un gran che. L’umore si allinea.
Osservo che la distanza di sicurezza tenuta dagli automobilisti è direttamente proporzianale alla latitudine. Più è bassa più si accorcia. Qua ti stanno così lontani che quasi non capisci la macchina. Da noi leggi la targa. In Egitto, ho giurato che non salirò mai più su un taxi.
Pochi chilometri dopo Glasgow, esco dall’autostrada, non ce la faccio più. Mi inserisco in una stradina parallela.
Alle 12.00 circa sono a Falkirk, dove nel 1298 gli inglesi comandati da Re Edoardo I e gli scozzesi guidati da William Wallace, si scontrarono violentemente nella battaglia più sanguinosa delle guerre di indipendenza scozzesi.
Faccio due passi e mi compro un CD di musica locale. Mi prendo un cappuccino al Caffè Nero, che mantiene la sua sufficienza. Oggi non mi va proprio di fotografare. Due chitarristi che passaggiano con la chitarra a tracolla, mi fermano, osservando la mia maglietta dei Jehtro Tull, per dirmi che Ian Anderson è eccezionale. Concordo.
Riparto e mi fermo al Wallace Monument, poco distante da Stirling. E’ una torre realizzata su un altura da cui si vede la piana e la città sulla collina. La vista è bella. Per salire la torre chiedono 9 sterline. Non ho tempo e poi mi pare di offendere la memoria dell’eroe scozzese. Se Sir Wallace sapesse che, in sua memoria, è rimasto un museo per turisti, realizzato 600 anni dopo le sue gesta, probabilmente si metterebbe a girare come una trottola nella sua tomba.
Preferisco perdermi nel bosco della collina, e così mi faccio una buona mezz’ora fra alberi ed felci, mentre piove piano.
Riprendo la macchina e raggiungo Stirling, famosa anche per essere il luogo dove l’eroe scozzese sconfisse il titanico esercito inglese. Parcheggio di fronte ad un negozio di bagpipes. Entro a dare una occhiata. C’è un italiano che si sta informando per comprarsene una, ma i prezzi sono stellari. Mi scambiano per svedese e scozzese. Tiro fuori il mio accento di Ferrara.
Inizia a diluviare. Mi infilo al Darnley Coffe House, e mi mangio un Sandwich con sarde e pomodori mentre aspetto che smetta.
Quando esco inizia il delirio. Per due ore, ogni dieci minuti si passa dalla pioggia e il sole e viceversa. Divento come il clima scozzese, pazzo, a mettere via e tirare fuori la fotocamera. Al castello devo pure comprarmi un ombrellino suovenir per proteggermi, per evitare di rimanere incastrato lì.
Comunque mi faccio il giro di quasi tutto il centro e osservo Scozia e scozzesi. Le giovani scozzesi amano tingersi i capelli con tutti i colori dello spettro visibile, toccando talvolta anche le zone dell’infrarosso e ultravioletto. Sono molto sbarazzine.
Riprendo il mio viaggio. Alle 17.00 passo sotto un arcobaleno. Continua a cambiare il tempo. Mai visti tanta pioggia e tanto sole tutti assieme. Passo in mezzo alle estese vallate del centro della Scozia. La strada, dopo Crieff, diventa uno spasso. A destra una foresta, a sinistra colline spoglie, verdi e lilla. Mi faccio tutta la strada fino a Aberfeldy. Poi torno verso Perth, dove ho la stanza.
Per cena mi infilo in un ristorante indiano, Odesi, popolare su Foursquare. Chiedo un piatto hot. Me lo portano hot. Ho la bocca in fiamme e lo sento anche nelle orecchie, ma è così buono che lo stermino. Alla fine ho anche la “pirina”. Mi faccio due passi ed entro in un pub, the Green Room, con musica dal vivo. C’è un chitarrista folk. Mi prendo una Corona.
E’ la mia ultima sera di questa avventura in solitario. Domani arriva Vancio.