New York New York

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La sveglia suona senza pietà alle 7.00. Ci stropicciamo gli occhi, facciamo una doccia, organizziamo i bagagli e partiamo verso il Miami International Airport.

Alle 9.00 consegnamo l’auto. Dopo il check in ci avanzano ancora un paio di ore. Siamo due tipi previdenti. Guardiamo un pezzo de La truffa perfetta al gate G19.

In aereo finisco il film e mi sistemo le foto fatte fino ad ora. Sono già oltre un migliaio.

Alle 15.30 sbarchiamo a Newark. La mia valigia arriva sfasciata, ma ancora funzionante. Mangiamo un hot dog. Poi, con l’aiuto di Google Maps, iniziamo il nostro tragitto verso Manhattan con i mezzi pubblici (navetta, treno, metro).

New York è rimasta come la ricordavo. Un formicaio impazzito. Tutti corrono. Tutti hanno fretta. Luci al neon. Clacson. Mi ricorda, per certi versi la frenesia milanese. Un po’ più fashion.

Arriviamo in Hotel alle 18.00 circa. Stanza adeguata. La mia valigia non vuole aprirsi. Interveniamo io e Nino, con un cacciavite, come Lupin e Jigen, per “svaligiarla”.

Mangiamo vietnamita (una piacevole scoperta per entrambi) al Pho Grand, a pochi metri dall’hotel. Poi ci immergiamo nella Little Italy alla ricerca di un espresso. Si cambia più facilmente religione che caffè (cit.). Roma ce lo offre.

Passiamo al Mother’s Ruin e il barista ci fa scoprire la Tecate con sale, tabasco e lime. Poi, al Pravda ci spennano con un cocktail buono, ma della misura di un espresso. Decidiamo di abbandonare l’aiuto di Foursquare e di affidarci ai nostri sensi (come Gianlu insegna), per il dopocena.

Battezziamo il Cafè Select, un locale su La Fayette Street per la birra della staffa. Mentre il barista ci consiglia di andare ad un concerto a Brooklyn, facciamo conoscenza con alcuni clienti del bar, tra cui Adam, un grafico pubblicitario che ci fa compagnia tutta la serata, una certa Michelle Smoller, presentatrice televisiva, e un ragazzo australiano in viaggio di nozze che ci confida che Katy Perry sta a due metri da noi a bersi addosso. Nino va al bagno per verificare e torna stranito. In effetti è presente, ma, se non ce l’avessero detto, non l’avremmo riconosciuta in tuta All Star e capelli legati.

D’altronde questa è la Grande Mela, dove il mondo dello spettacolo e la vita reale si fondono e confondono.

Domani colazione da Tiffany (per dire).

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