Non so cosa farà da grande, ma di sicuro oggi, giornata epica e gloriosa, ho capito da dove vengo. Dalla piscina. Dovevo essere un marinaio, o un pescatore, o un palombaro (o come diavolo li chiamate voi grandi) e compagnia bella. Intendo nella mia vita precedente. Panzane? Provate a leggere il Codice di Manù Manavadharmashastra e poi mi dite, miscredenti.

Ma andiamo per ordine.

La mattina parte in sordina, con il mio babbo che cerca di addolcirmi regalandomi una maracas sarda, poveretto: un souvenir più brutto non l’ho mai visto. Dopo la pennica del pranzo mi sveglio con le unghie più corte: quella traditrice di mia madre me le ha tagliate mentre dormivo, perché se sono sveglio non ci riesce, e non ci riuscirà mai. Devo dotarmi di allarme per quando ci riprova.

Ma il pomeriggio. Il pomeriggio non so raccontarlo. Prima mi fanno gattonare libero per tutta casa, e mi sgranchisco parecchio e poi andiamo in piscina enorme. Tutta quell’immensità, e io libero di andare. Se il mio babbo non continuasse a fermarmi raggiungerei l’altro capo della piscina enorme. Mi ci butto impavido, come se prima di nascere fossi stato dentro l’acqua… mmm… mi ricorda qualcosa, ma non so dire.

Comunque, navigo su una imbarcazione a forma di ciambella, gattono, nuoto, bevo (tra l’altro questa piscina non è come quella del nonno, è salata), vado a gattoni e compagnia bella e non mi fermo più. Anche la polvere che si appiccica, che ieri mi turbava, oggi è come una manna dal cielo. Provo attrazione per il mondo liquido. Ne sono drogato.

Quando mi portano via attacco a piangere per fare capire loro che è un crimine bell’e buono e non smetto più. Mi calmo solo quando mi fanno bere a collo dalla bottiglietta, che mi piace molto. Ma me la lego al dito.

Svengo mentre bevo il latte dopo cena. Per oggi passo e chiudo. Gran giorno.