Blackout

Vi dirò la verità, anche se questa parola ha un senso annebbiato per me.

Il Matu è smemorato: ha dimenticato a casa il cavo per caricare la macchina da scrivere che usa per fare questi miei racconti. Oltre ai costumi da bagno, come se avesse doluto preparare la valigia per andare in Antartide.

Il Matu è pigro: non ha avuto intenzione di scriverli con altri mezzi opzionali, per esempio il suo telefono, a parte il primo giorno senza macchina da scrivere.

Il Matu è pavido, potrebbe aver dimenticato a casa apposta il cavo per la macchina da scrivere per non sentirsi in dovere di farlo, per passare molti giorni in una bolla spazio-tempo al di fuori delle sue abitudini, delle sue stesse regole, delle sue stesse volontà, in sospeso, senza vincoli, per ascoltarsi meglio, come faccio io ogni secondo, senza aspettative, ma immergendo se stesso nel qui e ora, cosa che non sa più fare da diversi decenni. Neanche il mio esempio riesce a rinverdire questa sua innata capacità.

Comunque, che sia latte o che sia uovo, siamo tornati. La nonna c’ha messo una pezza come sempre ha fatto in questi 46 anni di vita del Matu e il cavo è arrivato in Liguria.

Siamo ancora sul pezzo.

Nel frattempo sono successe molte, moltissime cose: molte spiagge, molte onde, molti gelati, molto vento, molti sorrisi e molti pianti, il compleanno mitico della mia cugina dagli occhi blu (che ha un passeggino che non vi dico, l’ho spinto attorno alla piscina durane la sua festa per tutta la sera), molte corse e molti salti, molte giuste, molti parchini.

Solo che non posso entrare in dettagli perché la somma della smemoratezza, della pigrizia e della pavidità del Matu non mi ha lasciato tracce scritte degne di nota, riprendiamo domani.

Lascio a testimonianza solo qualche sguardo.

2 pensieri su “Blackout

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