
Richi si sveglia verso le 8.00, percorre tutto il corridoio per arrivare in camera nostra, attraversa il bagno, si avvicina alla mia parte del letto, mi sveglia e mi fa “papà ho una caccola”, mostrandomi un cappero appena estratto e porgendomelo.
Se il buongiorno si vede dal mattino.
Esco per andare al forno sotto casa e portare le paste calde alla truppa. Spendo, come sempre, molto di più di quanto avrei speso in Italia. Poi considero che in Danimarca lo stipendio medio si aggira intorno ai sei mila euro e capisco di essere io l’anomalia.
Decidiamo di visitare il Danmarks Jernbanemuseum, il museo ferroviario danese, all’interno di un autentico capannone ferroviario del 1954. La mostra ha 21 binari con molti treni delle epoche passate, che si possono visitare.
Facciamo subito un divertente e suggestivo viaggio su non vecchio treno a vapore del 1800, mi sembra di tornare ai racconti di Sherlock Holmes che hanno colorato la mia fanciullezza. Il capotreno ci avvisa che non ci sono allarmi, né sistemi di sicurezza o leve per freni di emergenza. Ci chiude e ci apre le porte da fuori lui. Siamo in trappola. Il treno ci porta ad un binario morto e poi torna indietro, senza incidenti, soffiando fumo dalla sua potente locomotiva a vapore.
Nel museo ci sono anche due aree giochi per i bambini e un trenino elettrico che porta in giro i visitatori. Richi si fissa con una locomotiva arancio dell’inizio del ‘ 900. Ci può salire e può usare i comandi a leva e mi porta a visitare vari paesi con l’immaginazione.
La mostra celebra anche l’Interrail, il treno che porta in giro i giovani e non giovani per l’Europa. Ci andai anche io nel 2000, verso la Spagna. Una esperienza scomoda, ma molto avventurosa di cui ho un caro ricordo.
I pargoli pranzano mentre giocano al museo, io e Ale temporeggiamo. Io assaggio Cocio, una bevanda locale a base di latte e cioccolato. Vengo avvistato da Frenci e Richi, che per queste cose sono due falchi, e me lo finiscono.
Verso le 15.30 io e la Ricciola ci riprendiamo con smørrebrød di salmone affumicato e avocado e patate fritte (per compensare), nel centro di Odense, vicino all’ennesimo parco giochi (sì, li mettono anche in pieno centro storico, in mezzo alle vie pedonali). Richi dorme sul passeggino, Frenci gioca su e giù dal castello e a noi pare di essere in vacanza da soli, per qualche breve momento.
Mentre ci rilassiamo, ci confrontiamo sul tema della fiducia in Danimarca. Osservando i nostri ospiti ci reniamo conto che vivono immersi nella fede verso il prossimo. Le case non hanno inferriate a nessun piano, le tende sono usate raramente per proteggere l’interno delle case da sguardi indiscreti, non abbiamo ancora visto forze dell’ordine presidiare le strade o le piazze, nei parcheggi (anche sotterranei a pagamento) si entra e si esce senza sbarre. Mi chiedo se vivano così sulla base di una fiducia innata o se vivendo così abbiano acquisito fiducia.
Le regole tuttavia le fanno rispettare, con moderazione, ma senza sconti. Nonostante l’attenta analisi usando anche la traduzione di chat GPT per comprendere i rischi, parcheggio la macchina in un’area che pare essere senza legge né Dio, ma evidentemente sbaglio, perché al ritorno mi trovo una multa sul parabrezza. E solo in quell’istante capisco il significato della caccola mattutina di Richi.
Passiamo una tranquilla serata in casa, cercando nonostante tutto la nostra hygge e preparandoci mentalmente per il prossimo passo: Copenaghen e dintorni.
Odense ci lascerà un gran bel ricordo, ma si sa, il viaggio è fatto per ripartire, con qualsiasi mezzo, come dice Niccolò Fabi nella sua meravigliosa “Amori con le ali” a cui ho rubato le prime parole per farci il titolo del post.
E allora via, verso nuove mirabolanti avventure.
DAL DIARIO DI FRENCI

Coming soon…