Il dono della profezia

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Dopo colazione, Richard, un navajo incontrato sulla strada, ci insegna qualche parola nella sua lingua, in cambio di pochi dollari che probabilmente investirà in birre. Siamo al giro di boa della prima settimana. Ci dirigiamo verso Amarillo, in Texas.

Mentre le rocce passano dal rosso, al nero, al giallo e poi ancora al rosso, ci ascoltiamo Rattle and Hum. La strada scorre senza particolari problemi. Il New Messico è più monotono dell’Arizona.

Alle 12.00 attraversiamo Albuquerque. Dopo iniziano distese di praterie che mi ricordano le vicende della famiglia Ingalls.

Il 66, da queste parti, è un marchio non registrato utilizzabile da chiunque: negozi, ristoranti, fast food, pompe di benzina, lavasecco… la route 66 garantisce un mercato. E ogni fast food promuove il miglior hamburger d’America.

A Santa Rosa ci fermiamo per il pranzo da Denny’s e per il cambio pilota. Ripartiamo con Blowin’ in the wind e Mr. Tamburine.

Entriamo finalmente in Texas con i Creedence. Si incontrano gli ingressi dei ranch lungo la strada. E perdiamo un’altra ora. Abbiamo superato due fusi orari in due giorni.

Il Texas è un pascolo di cui non si vede la fine. All’ingresso della contea di Potter subiamo un forte odore di stallatico. Alle 18.00 ore locali arriviamo ad Amarillo, città dell’elio.

Il Motel in cui avremmo dovuto alloggiare sembra la parte malfamata del Bronx. Ma non è stato questo e nemmeno la mancanza della wifi in camera o l’odore di sigarette che arrivava dalla moquette a farci cambiare idea, ma la esuberante accoglienza di una tipa alticcia di nome Cassandra che ci ha ricordato funesti presagi.

Ci prendiamo una camera al Super 8 più lontano e finiamo la giornata a prenotare alberghi e aerei con un pò più di attenzione, per i giorni a venire.

D’altronde oggi era il 17.

 

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