
Sgrano gli occhi! Appena sveglio faccio sempre così. Anche se non c’è nulla di preoccupante, tipo modalità prevenzione.
Sono in macchina.
I ragaz (mamma santa, fratellone e Matusa) sono tutti lì con me, mi guardano pieni di sentimento, come sempre, e fanno certe facce buffe.
Scopro che in macchina ci rimaniamo per molto tempo. Macchina, pappa, macchina, pappa, macchina. Ma cosa succede? Dove andiamo? E i nonni?
Ad un certo punto: una culla enorme! Roba mai vista.
Facciamo una fila infinita per entrarci, addirittura con la macchina, e non solo la nostra macchina. E questa culla poi parte sull’acqua, roba da non credere.
Prima di andare a dormire visitiamo la culla. E’ piena si scale e Matusa mi porta su e giù insieme al passeggino.
Una culla così grande che quando mi metto a letto gira tutto, non solo il mio, tutta la camera.
Un’opera grandiosa, fatta apposta per noi lattanti: dormo cullato come non mai. Tra l’altro dormiamo tutti insieme, nella stessa stanza, io, coi ragaz. Strano, piacevole, anche se preferisco da solo.
Su e giù, su e giù e svengo.
Quando mi sveglio, sorpresa, sorpresa: mi danno il latte e invece di rimettermi a letto torniamo in macchina.
Ancora.
Ci fermiamo per cola in un luogo sperduto. C’è un gentile vecchietto, messo su un piedistallo dal Matusa per un fantomatico bigolo fritto con crema e per il caffè che tanto lo soddisfano. E io di caffè me ne intendo, li annuso sempre dalla sua tazza. E questo merita davvero. Ma il bigolo? Lasciamo stare.
Piove.
Arriviamo in un paese e ci fermiamo. Sbaraccano la macchina e il suo contenuto in una nuova casa. Pare ci fermeremo qua.
I vigliacchi fanno una seconda colazione, e a me rifilano sempre quel biscotto secco. Fingo apprezzamenti. Per fortuna di fianco a me c’è un cagnolino molto simpatico che mi guarda e sorride.
Per pranzo, dopo un giretto, torniamo alla nuova casa. Io mangio, mentre batto un legno sul tavolo (sento il ritmo) e mi spingo all’indietro con le gambe contro il tavolo. Il Matusa mi prende per miracolo.
In questa nuova casa sento odori diversi nell’aria. Ora, non saprei dire, ma che sia latte o che sia uova, ripetendo quello che dicono gli altri della cumpa, direi fico e liquirizia, con un accento di rosmarino.
Sembra incredibile, ma poco dopo torniamo in macchina.
Hanno fatto l’abbonamento? Siamo in macchina da due giorni?
Forse perché piove ancora.
Mi annoio da morire, gioco con una bottiglietta d’acqua. Non capisco dove andiamo, prendono un paio di occhiali con un tubo al mio fratellone, ma non vedo nulla di attraente.
Quando torniamo a casa, pappa e poi a letto. L’unico intermezzo fuori dagli schemi è una surfata sul lettino, sulle onde immaginarie create dal papà (il Matusa eh!).
Comunque la casa nuova è gagliarda. Posso gattonare ovunque (quasi), fra le stanze, ma anche fuori, sul terrazzo. Vado come un capriolo. Faticano a starmi dietro. Mangiano la polvere.
Il giorno dopo, quando mi sveglio, viene a prendermi il papà. Prima fa quei gesti strani sul suo tappeto e poi quelle facce da invornito. Io inizio a dire “ba”. Lui esulta.
Mangiamo mela e yogurt insieme, poi ci muoviamo con tutta la cumpa, che nel frattempo si è preparata.
Prendono un caffè da Sa Ferula, un posto in cui venivano i due vecchi con il fratellone quando io non c’ero.
Che poi non sanno niente, perché io ci sono sempre stato, e sempre ci sarò.
Alla fine la vera novità.
Questa mi spiazza.
Vedo acqua. Tanta acqua. E mi preoccupo, perché mi viene incontro. Piango. Dopo avermi tranquillizzato mi mettono giù e la terra mi prende, se appoggio la mano si appiccica dappertutto, assaggio.
Buona!
Sembra si chiami sabbia, e io ne vado ghiotto.
I ragaz provano a fermarmi, ma io mangio quando non mi vedono, sono velocissimo, ne mangio un sacco.
La giornata prosegue, mentre il fratellone va sull’acqua con una specie di asse, con un bagno in quell’immensità di acqua. Rido. Inizia a piacermi.
Chissà se domani mi riportano dalla sabbia? Ho già l’acquolina.
Fantastici!!!
Ciaoooo