Oggi prendo una decisione saggia. E’ vero che il mio ciuccio per eccellenza è solo uno, ma se rimanessi senza? Se un bel giorno sugli alberi dei ciucci non crescesse più il mio, come farei? Ecco allora l’idea geniale: metto in bocca anche quelli che non sono i miei preferiti, così mi abituo e se un giorno mancasse quello speciale, potrei utilizzarne un altro. Faccio degustazione di ciucci! Il vecchio approva.
Comunque, la giornata inizia complicata. In spiaggia, dopo il lungo bagno con il Matusa, faccio quella strana cosa chiamata cacca nelle mutande da mare. I miei si agitano e mi portano subito a casa. Almeno c’è la pappa.
Il pomeriggio lo passo dormendo, poi ci caricano in macchina e ci portano in una città alta da cui si vede il mare di qua e di là, dietro e davanti. Non capisco se sia un’altra isola o qualche gioco diabolico. Per arrivare in cima devo fare tanti di quegli scalini che parto con balbettare qualche verso e arrivo fino a strillare le mie perplessità. Ma c’era bisogno? Maledetti. In cima c’è una discesa e salita bellissimi, ma me la fanno fare solo 4 volte. Dopo il danno la beffa. Infine la richiamata del Matu, per la solita foto inutile tutti e quattro insieme. Ma perché si ostinano a fare foto ai momenti, invece di gustarseli che poi scappano via? Si invecchia per regredire?
Quando scendiamo (io seguo le orme del fratellone tra sassi, muretti e sterrati), ci fermiamo a mangiare in un bel tavolo, sopra una scala lunga che io salgo e scendo almeno 3 volte. La cena è ottima, anche per gli altri bimbi, il mio fratellone e la mia amica Nina, che però cerca sempre il mio fratellone, nonostante tutte le mie attenzioni limitate. Cena gustosa e tranquilla, in una stradina stretta e accogliente.
In macchina, al ritorno mi addormento, dopo essermi rovesciato addosso l’acqua che volevo bere, mentre il vecchio sfreccia nella notte stellate, calda e profumata, macina chilometri, curva dopo curva, galleria dopo galleria e, che sia latte o che sia uova, ci riporta a casa.
Credo.