Surf, Buk e Rock & Roll

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Ci svegliamo di buona ora perché la colazione termina alle 9.00 . Nella hall c’è il panico. Due tavoli, 20 persone e il tostapane pare non funzionare. Bastava premere un pulsante ma l’abbiamo capito con calma.

Mentre torniamo in stanza si apre la porta del nostro vicino, segregato dal nostro arrivo e pensiamo possa essere un potenziale serial killer. Sul tavolo quantità industriali di cibo, un PC acceso e parla da solo.

Lasciamo il Super 8 (motel suggeritoci da Andrea, un collega di Nino) alle 10.30. Alle 11.45 stiamo surfando sulle onde della California. La più bella della mia vita. Facile arrivare, parcheggiare, noleggiare la tavola (da un nippo-messicano a 5 metri dal bagnasciuga) e facile prendere l’onda.

Pranziamo al Johnny Rockets con un doppio hamburger. Ce lo siamo meritati. Per favorire la difficoltosa digestione, passeggiamo sul lungo mare. Los Angeles è una città piena di persone a dir poco stravaganti. Un tizio con due paglie spente in bocca si da da fare per lucidare una fontanella dell’acqua pubblica.

Il sole se ne va e decidiamo di andare a omaggiare Bukowski. Prendiamo la I 10 verso Est e rimaniamo incastrati per un ora e mezza nel traffico. Ma ci fanno compagnia tra gli altri AC/DC e Pearl Jam.

Parcheggiamo la macchina davanti ad un market per comprare due Miller Genuine Draft al suono di Just dropped in (to see what condition my condition was in). Alle 19.00 brindiamo con le due birre a Buk davanti alla sua casa a West Hollywood. Lo stabile è ancora abitato e, al di là della targa, vi sono solo segnali che dicono di stare alla larga.

Ripartiamo e dopo pochi minuti percorriamo Rodeo Drive, a Beverly Hills al suono di Johnny B. Goode.

Los Angeles è un’accozzaglia di quartieri messi insieme senza una logica, c’è tutto e il suo contrario. L’autostrada a 7 corsie per senso di marcia la taglia a metà. E’ la città dei pazzi.

Torniamo in hotel per una doccia rinfrescante e, nonostante la devastazione fisica, decidiamo comunque di fare un ultimo passaggio a Santa Monica. Verso le 22.00 digerisco il doppio hamburger. Saltiamo la cena e ci beviamo un paio di Corona al Cabo Cantina, chiacchierando con cameriere molto carine e incuriosite dal nostro viaggio.

Domani Las Vegas.

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