La notte è alquanto tormentata: incolpo prima il letto che cigola, poi il caldo, la vicina tangenziale e infine gli uccelli notturni, ma, molto probabilmente, accuso la buonissima, ma oltremodo abbondante, cena luculliana della sera precedente. In ogni caso, per colazione mi sono ripreso alla grande e spazzolo quattro fette di altrettante differenti torte fatte in casa, davvero ottime, nella sala occupata da ospiti teutonici.
Passiamo da Leo e Lisa e insieme ci dirigiamo al Lago di Caldonazzo. La giornata è bellissima, qualche nuvola adorna il cielo, senza oscurare il sole, il lago è calmo e caldo. Dopo aver tentato inutilmente di bere un caffè shakerato al bar dell’Hotel Piroga (dicono che non ce l’hanno, ma il caffè shakerato non si ha, si fa) ci piazziamo sulla riva, fra i sassi bianchi, all’ombra di folti alberi e inizio a rilassarmi davvero, fra un gossip sulla vita di Raul Bova e un bagnetto nelle dolci e calde acque del lago.
Pranziamo verso le 14.00 con una pizza d’asporto condivisa. Siamo al risparmio, anche energetico: da quando siamo arrivati, ci siamo mossi solo per fare i 15 metri che ci separano dalla pizzeria.
Verso le 16.00, assaliti dai sensi di colpa del cazzeggio, io e Leo ci riscopriamo canoisti e ci buttiamo nell’impresa di attraversare l’ “enorme” lago sulla sua imbarcazione gonfiabile: 50 minuti per attraversarlo e poco più. Sfatti. Ed io anche sbruciacchiato, nonostante la crema solare protezione 30. Ci meritiamo un Hugo, che prendiamo sempre all’Hotel Piroga, prima di rientrare. Atleti a tutto tondo.
Mentre torniamo al parcheggio, il mito dei trentini, ligi al codice stradale e rispettosi dei pedoni, che si fermano sempre, per farti attraversare sulle strisce pedonali, sfuma nell’accelerazione di un paio di macchine che ci vedono in procinto di raggiungere l’altro lato della via, ma se ne fottono allegramente. E le targhe non mentono.
Ceniamo alla Malga Brigolina, passando da un’ambientazione quasi marittima, alla montagna vera, fatta di vacche nei verdi pascoli e staccionate in legno, viste su vallate e temperature meno accoglienti, assaggiando i loro ottimi formaggi, il tortel di patate, gnocchi alle finferle (che scopro non essere i finferli), dolci e grappa casera.
Mentre torniamo alla macchina, immersi nel buio e circondati dalle montagne debolmente illuminate dalle molte stelle, respiro, e i polmoni si aprono più del normale, per assaporare fino in fondo l’odore della notte alpina e fare il pieno di ossigeno.