L’esoterismo erotico della cotoletta

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Scopro l’Ale a parlare con l’ascensore: sono trascorsi probabilmente minuti insufficienti per un risveglio completo. Andiamo a fare colazione al bar sotto l’Hotel. Terminiamo la chiusura delle valigie mentre Garozzo infilza lo yankee a Rio 2016, facciamo il pieno di GPL e ci dirigiamo verso Hellbrunn.

 Il castello è una vera sorpresa per me. Mi immaginavo il solito castello d’epoca, magari con ricostruzione degli ambienti originari, mentre è una mostra in onore al suo creatore e fondatore: Marcus Sittikus.

Nel 1612, pochi mesi dopo la sua ascesa al trono, il principe-arcivescovo salisburghese Markus Sittikus von Hohenems diede l’incarico di far costruire una residenza di campagna ai piedi del monte di Hellbrunn, ricco di acque.

Il percorso museale racconta le idee dell’Arcivescovo Sittikus. Le stanze sono ricche di sculture, dipinti, marchingegni, simboli alchemici ed esoterici. E io per queste cose vado fuori di melone.

Il concept del palazzo fu ideato da un architetto italiano, Santino Solari, che viveva a Salisburgo e si basava sul modello di piacere legato al vino, alla musica e all’ “intrattenimento”. In pratica il modello del festino, ancora molto attuale, in particolar modo ad Arcore.

Sittikus intratteneva i suoi ospiti in grotte mistiche e misteriose, con giochi meccanici frutto dell’ingegneria idraulica, fontanelle che spruzzavano acqua ad ogni angolo del castello, marchingegni che mossi dalle fonti creavano meraviglia. Ed io stesso mi sono meravigliato nel vedere un intero teatro di pupazzetti muoversi e suonare Mozart solo grazie al moto dell’acqua, o un cappello volare sostenuto da un getto, o stanze e grotte finemente decorate in cui sembra di entrare in boschi con ruscelli e canti di uccelli e così via. Mentre i suoi ospiti si perdevano nella meraviglia, Marcus, con giochi azionati da comandi segreti, li sguazzava. Che burlone. Anche io mi son lavato per bene grazie alla simpatica guida. Secondo la teoria dell’Arcivescovo, il castello doveva essere l’antidoto contro la melanconia dei suoi tempi, la terapia era costituita dalla diversità e il meccanismo di azione era la sorpresa.

Mentre visito il castello e i giochi d’acqua penso al libro che sto leggendo in questi giorni (la donna e l’amore al tempo dei miti, di Arturo Schwarz) che, fra le altre cose, tratta proprio di mitologemi come quello della caverna, della nascita e della morte e del piacere della meraviglia, inteso come porta sacra per raggiungere la conoscenza, che ritrovo nel castello.

E, come se oggi fosse il castello di Sittikus, io e Ale continuiamo a meravigliarci.

Il pranzo, infatti, decidiamo di farlo per caso a St. Florian e ci ritroviamo all’interno di un bellissimo seminario, adiacente a una imponente abbazia. La pace appartiene alle pareti di quel luogo. Mentre pranziamo, due turisti parlano di comunismo in un inglese dalla pronuncia accademica, mentre dall’abbazia arrivano le arie gregoriane di un organo. L’Ale ordina un cappuccino a fine portata, per sentirsi più vicina alla cultura locale, ma gli arriva un caffè americano con sopra della schiuma di latte.

Gli ultimi 50 chilometri per arrivare a Vienna, li percorriamo lungo la B44 fra boschi, dolci colline e campi di granoturco, affiancati da ferrovie e piste ciclabili.

Arriviamo a Vienna e anche la camera dell’Hotel è una sorpresa: è molto più grande di quanto ci aspettassimo. E uscendo per cena scopriamo che la metropolitana non ha i tornelli all’ingresso (massima fiducia nell’utente o controlli serrati?) e la Schnitzel non è originaria di Vienna, ma fu rubata ai Milanesi da Radezky, come affermato dallo storico Romano Bracalini che ha riscontrato, in un documento del 1148, la cronaca di un pranzo solenne in cui, nella terza portata, compaiono i «lombos cum panitio». Tra l’altro gli austriaci hanno rubato anche il goulash e la palacinka agli Ungheresi. La Sacher sarà davvero Viennese? Prossimamente su Rieducational Channel.

Ad ogni modo, andiamo a gustarci la Schnitzel “originaria” da Figlmuller (che fa cotolette da 110 anni) e, nonostante sia stata rubata ai Milanesi, il piacere della meraviglia, è come la porta sacra per raggiungere la conoscenza.

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