La Marinedda: una piscina grande, selvaggia. Faccio fatica a gattonare. Odio i granelli e le pendenze. Montagne dentro e fuori dall’acqua, sole, vento e compagnia bella. Affascinate e pericolosa. Il babbo la adora perché ci sono scuole di surf e l’acqua trasparente, la mamma perché non c’è polvere bagnata, ma piccoli sassolini.
Conquistiamo la collina con l’ombrellone, c’è una discesa impegnativa per arrivare alla piscina. La vedo brutta, arranco, ma la mamma mi porta dentro l’acqua, che è davvero bellissima. Godo. Il babbo mette una strana cosa in faccia che sembra un pesce e se ne va per un po’. È contento. Torna e dice che non ci sono tanti pesci. Li avrà spaventati.
Come al solito, dopo la spiaggia, svengo di brutto e mi risveglio al porto di Castelsardo, dove pranziamo tutti insieme, da un tipo simpatico. Assaggio pesce fresco al forno, ma non mi piace molto. Io adoro il pane carasau. La mamma mi bagna i piedi con l’acqua fredda e io non smetto di ridere.
Ho imparato a salutare e da qualche giorno saluto tutti: uomini, donne, bambini, sole, mare, barche, animali e compagnia bella. Democratico. Sembro anche educato, ad una prima e superficiale valutazione. Non solo: ho imparato a fare un suono gutturale, mentre mando baci, tipo grugnito, che i miei si stanno ancora chiedendo come faccio. Mi sbellico dalla risate a vederli perplessi. Mando baci suini.
Mi portano a cena in una grande metropoli, Sassari, perché ci sono negozi con il cibo per i bambini, come me. I miei cercano di farmi addormentare dopo cena, ma resisto per ere (non ore, ere!!!!). Li sto sfinendo, ma qualcuno deve pur farlo. Mi addormento giusto quando chiedono il conto. Sogni d’oro.