Supponiamo

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Questa volta i vecchi ci sono riusciti: arriviamo in una spiaggia con TANTA sabbia, tantissima. Ci arriviamo da una strada lunga, lunga, con a fianco tanti cancelli e, non so proprio come, alla fine riusciamo ad entrare dall’altra parte.

Mi adopero subito per progettare e realizzare piste per le biglie con la mamma, fondamentali per il divertimento complessivo della cumpa. Intanto il babbo sparisce per un pò e, quando torna, porta una specie di canotto enorme con un bastone. Dice che si chiama SUP e mi dice di provare a salirci. Rido, dalla paura o dall’eccitazione, non so. Comunque mi garba, ci provo e ci riesco. Rido di più. Poi mi insegna la posizione: gambe nel mezzo, girate verso la punta, aperte, un pò piegate e braccia a volo di uccello. Rido a crepapelle. Spacco. Mi fanno pure la foto. Gagliardo. Sono un eroe. Sono Spiderman.

A pranzo mi sparo un risottino con lo scampo, da favola; mangio le code e succhio anche le chele, deliziose.

Nel pomeriggio andiamo alla spiaggia vicino a casa, a piedi. Io non cammino. O corro, o salto, o sto sul passeggino se sono stanco, ma non chiedetemi di camminare. Roba da bambini piccoli, io sono grande e corro velocissimo. Cado, a volte. Arrivo in spiaggia sudato come lo specchio dopo una doccia di papà, rosso come il mio canotto gonfiabile e con la mano grattugiata.

Stiamo in spiaggia fino a quando il sole dà un bacino al mare e tutto diventa arancio e rosso, a giocare con la sabbia e le piscine di acqua che si formano se scavi i buchi. Dice il babbo, dopo aver fatto TANTISSIME fotografie, che sono questi i momenti più belli della vita che ci offre il Grande Architetto e compagnia bella, ma secondo me si è dimenticato delle giostrine e degli attacchini di Bing.

La sera, dopo una paurosa puntata di Topo Tip che crede di vedere un dinosauro, i vecchi mi tranquillizzano facendo dinosauri con le ombre delle mani tutta la cena. Dicono che si chiamano ombre cinesi. Come gli spaghetti di soia che ci porta il tipo in motorino a casa, certe sere a Ferrara.

 

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