Lasciamo la Casa Fibbianello alle 10.30, dopo una seconda “importante” colazione e, dopo aver salutato i Riccioni, ci dirigiamo a Tarquinia ascoltando Suspicious Mind. Avvicinandoci alla Maremma, il territorio si “distende”, le curve delle strade si fanno più ampie, i rettilinei più lunghi, si moltiplicano i campi coltivati a grano e finalmente riusciamo a raggiungere punte di 80 km/h.
Piove. Due gocce. E quelle due gocce causano un picco di umidità quando, alle 12.20, iniziamo a scendere e risalire le scale per visitare le tombe etrusche a Monterozzi. Ci manca la rinomata aria secca di Ferrara. Le tombe sono ben conservate e si possono osservare i dipinti originali che raccontano momenti di vita quotidiana degli antichi etruschi, anche a sfondo erotico. E’ la prima domenica del mese e non si paga il biglietto, così non ci sentiamo particolarmente in colpa quando riprendiamo il viaggio senza averle viste tutte. Abbiamo sudato le classiche sette camicie.
Alle13.30 circa riprendiamo la strada verso Sorrento. Ci mancano ancora 300 e passa chilometri. Arriviamo senza impicci verso 17.45 circa al Casale Antonietta. Ci dà il benvenuto Alex, un polaccco che vive e lavora a Sorrento da 8 anni. Si fa chiamare Iceman. Ci consiglia un ristorante vicino. Alle 20.00 ci dividiamo una Margherita alla Sorrentina e un piatto di Paccheri del fondale al Kalimera. Capiamo anche che per le pizze la proprietà commutativa non vale, se cambi l’ordine degli ingrediente la pizza cambia (la margherita alla Sorrentina ha la mozzarella ed il pomodoro, non il pomodoro e la mozzarella). Il limoncello è ottimo.
Facciamo una lunga passeggiata fino la centro di Sorrento, prima lungo la strada costiera (la vista è bellissima), poi nelle vie piene di negozi. E’ pieno di gente. L’attenzione è rivolta più agli stranieri, volantini e menù di bar e ristoranti sono per lo più in inglese. Una lunghissima coda per accaparrarsi etti ed etti di patate fritte all’Amsterdam Queen’s Chips ci sussurrano che la globalizzazione non risparmia nemmeno questi luoghi dove il tempo sembra essersi fermato.
La città è davvero particolare, sembra sospesa a picco sul mare e all’orizzonte si vedono le luci della costa partenopea.
Decidiamo di berci qualcosa sul mare e scendiamo l’impervia scogliera con l’ascensore, un euro a testa. Raggiungiamo una piccola piazzetta con molo. Sta suonando una cover band dei Subsonica. Mi bevo un Mojito a “La scogliera”, il ristorante che vanta la nascita di Caruso, la canzone di Dalla, fra i suoi tavoli. Da quaggiù la parete di roccia dietro di noi è davvero imponente e, sopra, la città butta a mare luci e suoni.
Mentre la band suona Liberi tutti, ci incamminiamo, risaliamo la parete scoscesa a piedi percorrendo la lunga scalinata scavata nella rocca e piano piano ritorniamo al Casale lungo la litoranea, mentre dal centro partono fuochi d’artificio.