Passo la notte in una camerata da 8, di cui 4 russano e fra questi io non ci sono. La signora francese, quella che di giorno canta Edith Piaf, di notte è una russatrice da competizione: stacca il gruppo di ben due ore terminando il suo concerto dopo le 5.00. Uso cuffie e Sigur Ròs per non sentirli. Dormo 2 ore. Da questo punto di vista la vita da pellegrino non mi si addice. Magari stasera provo un albergue privato e mi cerco una stanza. E al prossimo albergue ci vado con i tappi di cera, come dice mi sorella.
Quando mi sveglio la maggior parte dei miei compagni di stanza se ne sono andati. La signora francese sta spruzzando dell’insetticida dentro al suo sacco a pelo perché ossessionata dalle cimici. Non ne ho ancora vista una.
Preparo il mio zaino e raggiungo Marisa e Valentino al loro alloggio, posizionato proprio sopra una pasticceria, per fare colazione. L’aria è frizzante ma c’è un gran bel sole. Partiamo alle 9.40. Mi spalmo la crema solare, mi metto in manica corta e tiro fuori la macchina fotografica. Ci infiliamo in boschi di eucalipto.
Le vesciche vanno meglio, ma dopo i primi chilometri iniziano a farmi male le due caviglie. Il dolore aumenta, ma teniamo un buon ritmo.
Alle 12.30 entriamo a Mondonedo per pranzare e fare una pausa. Passo in farmacia e mi prendo degli antidolorifici, contando sull’effetto placebo ottenuto dalla sicurezza di averlo a disposizione. Pranziamo di fronte alla bella cattedrale, da O Rei de la tarta, insieme a diversi miei compagni di dormita.
Rimetto via la macchina fotografica, tanto il dolore mi toglie ogni ispirazione. Visitiamo l’interno della cattedrale e riprendiamo a camminare. Come in una canzone di Niccolò Fabi, i pascoli sono pieni di “vasche da bagno lasciate nei campi per far bere gli animali”.
A 12 km dall’arrivo il dolore si fa insopportabile, perdo il ritmo del gruppo e decido di passare alle sostanze dopanti. L’effetto ovviamente non è immediato, così decido di usare l’ultima carta. L’album di Rocky 4. Non conosco nulla di più forte per sopportare dolore e fatica. L’effetto è immediato e stacco il gruppo. Nel frattempo entra in circolo anche la pastiglia. Il dolore si attenua, il sole mi bacia e io provo gioia.
Prima dell’ultimo tratto in salita, ci fermiamo per bagnarci i piedi in un piccolo corso d’acqua congelata che sfocia in un torrente. I piedi rinascono, come la fenice dalle sue ceneri.
Arriviamo a destinazione alle 18.30, portando a termine la tappa da 25 km. Passiamo davanti all’albergue, la signora francese mi saluta dall’interno della vetrata dell’ingresso: un brivido corre lungo la mia schiena. Stanotte voglio dormire. Recupero una tripla tutta per me nell’alloggio di Valentino e Marisa per 24 euro.
Domani vedo se riesco a recuperare dei tappi di cera.