Torniamo alla spiaggia tutta di sabbia in cui eravamo stati qualche giorno fa, non prima però di essere passati per un supermercato a prendere, tra le altre cose, delle bolle di sapone che rovescio completamente nel giro di tre, due, uno: rovesciato sul tavolo del bar dove i vecchi bevono il loro veliki makijato (ormai parlo croato).
Anche oggi il babbo prende il SUP e stavolta mi porta con lui. Mi siedo in punta e lui dietro in piedi che rema. Andiamo fino alle boe bianche, quelle lontane, non vedo più neanche la mamma, le persone in spiaggia sono piccole, piccole. E’ ganzo, ma poi chiedo di tornare indietro, che il troppo stroppia. E poi sono stanco, anche ieri siamo andati a letto tardi, ma io mi sveglio sempre e comunque alle otto, che devo bere il latte e compagnia bella. Sono così stanco che a mezzogiorno chiedo ripetutamente di tornare a casa in via Pitteri. I vecchi mi convincono a restare con spudorate promesse di gelati e giostrine quotidiane fino alla fine della vacanza.
Ma sono loro che hanno convinto me, o io che ho convinto loro?
A pranzo prendo lezioni dal babbo di croato, inglese, francese, spagnolo e ferrarese: la conoscenza di lingue parlate in tutto il mondo non è mai troppa.
Dopo pranzo mi sparo due belle ore di pisolino sotto l’ombrellone, sopra un bel materassino di comoda gommapiuma, cullato dal vento e dalle onde del mare, anche se circondato da buzzurri che parlano una lingua sconosciuta ai più e che non stanno mai zitti. Mi sveglio comunque di buon umore e bello carico: capitalizzo subito ciò che mi è stato precedentemente promesso e chiedo un bel gelato al cioccolato, per metterli alla prova. Va tutto liscio. Allora esagero. Chiedo di essere seppellito sotto la sabbia: fatto. Poi chiedo di andare sui gonfiabili che ci sono in mezzo al mare, per i bambini grandi, e il babbo mi porta con sé, con la muta, e mi fa fare un sacco di salti. Bella questa cosa della minaccia di voler tornare a casa! Poi vado su e giù per uno scivolo, qualche decina di volte, circondato da bambine italiane più grandi di me, simpatiche come un biberon che non tira latte.
Ma il bello arriva dopo cena: giostrine del luna park. Vado col babb(e)o a prendere i gettoni, la mamma è rimasta indietro, sfrutto l’occasione della presenza solitaria del babb(e)o e gli chiedo di andare sugli autoscontri; mi avvisa che sono pericolosi e per bambini grandi, ma insisto, e poi non c’è nessuno, siamo soli, il babb(e)o cede. Poi insisto per guidare, lui prova a farmi desistere, ma sono risoluto e guido. Bello, guido, ganzissimo, non ci credo, guido, rido come un pazzerello, anche il babb(e)o ride, giriamo come trottole, anche perché io non so guidare, e rido e poi la tragedia: SBAM! Sbattiamo contro la pista e io sbatto la faccia contro il volante, il ciuccio, sconvolto dall’impatto, vola in aria e cade sulla pista nera come la cacca dopo tanti giorni e allora capisco che è giunto il momento di piangere. Piangere di brutto. Certe scene non dovrebbero mai capitare, sopratutto ad un ciuccio. Non mi sono fatto niente, ma sugli autoscontri ci va il babb(e)o da solo, la prossima volta! Recupero il sorriso solo sugli aeroplani, tentando di fare vomitare la mamma con dei “su e giù” da paura!
Comunque, non è nemmeno l’unica botta che prendo: in doccia armeggio con il filtro dello scarico e quando mi alzo sbatto la testa contro il rubinetto: ripiango di brutto.
Meglio che vada a dormire.
Ne farai un libro-diario, vero?
Quando torni a Ferrara salutamela, ci ho lasciato tanti bei ricordi
🙂 , non ho questo progetto al momento, scrivo per piacere e per lasciare una testimonianza al mio bimbo su quanto ci siamo divertiti insieme. Però chissà, magari….
Hai studiato a Ferrara? Dovresti tornarci in questi giorni, ci sono i Buskers, sempre molto divertenti se ti piacciono gli artisti di strada.
No, niente studi, avevo una fidanzata che abitava lì vicino. Ero ggiòvane… e ricordo i buskers per le vie di una città splendida.
🙂 immagino ci saremo anche incrociati, io ero assiduo frequentatore dei Buskers