Vecchio lupo di mare

Ci svegliamo con un gran vento. Partiamo presto e raggiungiamo una spiaggia nuova.

Per arrivarci andiamo alla fine di una strada lunga lunga. Ci sono così tante macchine che non riusciamo a mettere giù la nostra.

Matusa contratta con persone vestite di blu, dall’aria severa, poi sparisce col fratellone, molla me e la santa madre in strada, poi torna dopo un sacco di tempo con un bigliettino che mette nella macchina, si carica di roba che sembra un mulo e finalmente ci incamminiamo.

Mentre ripercorriamo a piedi la strada lunga lunga che abbiamo fatto in macchina (a volte i grandi mi sorprendono per la loro stranezza) un tizio viene giù dal cielo, legato ad una corda calata da una strana macchina volante, con una ventola che gira, tipo quelle del nonno Gegè che mi fanno ridere perché mi mandano l’aria in faccia.

Arriviamo al mare che ho già fame. Ci mettiamo in un bar e mi fanno spazzolare la mia pappa. Poi provano a farmi svenire, ma non ci riescono.

C’è un vento così forte che non mi fanno vedere l’acqua neanche da lontano. Rimango a giocare con Pi all’ombra, mentre gli altri se la spassano a fare altro, compreso il mio fratellone che sparisce tutto il giorno a giocare con la bella cuginetta Aida e Matusa che fa foto.

Fa foto sopratutto ad un’altra macchina volante gialla, ma senza ventola, che scende sempre dal cielo, si butta in acqua, fa un gran nuvolone e poi risale in cielo e va verso una montagna con del fumo nero. Poi dopo un po’ ritorna, fa lo stesso giro e se ne va. Così tutto il tempo.

Giornata davvero strana.

Comunque, dopo un po’, partiamo con la macchina, e stavolta svengo.

La sera torniamo in quel piccolo bar che ci fa vedere il sole rosso che entra nel mare, mentre i ragaz grandi si bevono una birra che mi fanno solo annusare. Infimi e senza cuore.

Matusa inizia a chiamarmi con un altro nome: dopo Benjamin, adesso dice che assomiglio ad un certo Sting e poi inizia a cantare come un gatto che ha la coda schiacciata da una porta.

Ha la classe di un biscotto all’aglio.

Il giorno dopo torniamo nella nostra spiaggia. Io riprendo l’allenamento da lupo di mare: bagnetto al largo con Matusa, navigazione sul canotto in balia delle onde, gattonamento sulla sabbia senza trangugiarne nemmeno un granello e incontro alle onde, pacche sull’acqua dentro il canotto, saluto con tutto il braccio ai passanti.

Ormai non temo più il mare, mi sento a mio agio. Farò il navigatore, via, verso nuove mirabolanti avventure (come dice sempre il mio fratellone).

A pranzo, in casa, noto che i momenti in cui blatero e saluto gli abitanti del mondo aumentano esponenzialmente. Potrei stare ore a conversare in modo cordiale con la gente e gli animali. Credo anche con i sassi, quando non li mangio.

Sì, perché, al pomeriggio, scopro i sassi. Dopo la classica svenuta a panza piena, mi ritrovo in un altro luogo, in un altro tempo. Questi viaggi interstellari sono preoccupanti alla mia età. Del tipo: come cavolo ci sono arrivato qui.

Incontriamo i nonni e gli zii e la bella cuginetta Aida in una spiaggia che non conosco. Pare si chiami Vignola, o che ne so.

Comunque, che sia latte o che sia uovo, mi piace molto. La sabbia è diversa, è fatta da sassolini, e hanno l’aria così gustosa che ne mangio un bel po’.

Tutti si preoccupano, pensano che sia tornato il marinaio d’acqua dolce. Ma la cosa dura poco. Smetto di mangiarli e inizio a gattonare.

Faccio un bagno, nonostante l’acqua fredda, con Matusa e con il nonno e scopro una montagna proprio in mezzo al mare. Cerco di arrampicarmi, ma è scivolosa. Bellissima, però. Si chiama scoglio. Come gli spaghetti che mangia sempre Matusa. Coincidenze? Non credo.

Lui torna vestito da pesce (ha una specie di maschera di vetro con un tubo che gli esce dalla bocca). Porta al fratellone quello che ha tra le mani e che sembra un biscotto verde e dice che è un riccio. Ma il pupazzo-riccio che ha Frenci non è fatto così, chissà cosa si è bevuto. E poi i ricci mica sono pesci che stanno in mare.

La cena me la pappo in spiaggia, con il sole che entra nel mare, la musica del bar, un vento leggero e il rumore delle onde.

Ormai sono un vecchio lupo di mare, pronto a salpare.

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